Intervista a
Maria Grazia Lancellotti
Preside Del Liceo Ginnasio Statale Orazio Di Roma
Preside Lancellotti, prima del progetto di laboratorio assistito svolto quest’ultimo anno e che ha visto la realizzazione di un cortometraggio in collaborazione con l’Istituto Luce, quali altri progetti sull’audiovisivo aveva accolto il Liceo Orazio?
L’Orazio ha una tradizione in questo campo, pur non essendo l’audiovisivo tra le materie costitutive del nostro indirizzo. Per diversi anni abbiamo portato avanti una sperimentazione nel biennio: Classi Colorate. Ed una di queste, svolgeva attività cinematografiche. La scommessa era quella dell’attualizzazione della cultura classica attraverso strumenti moderni. I ragazzi lavoravano sia sui contenuti che sulla fase della produzione. Abbiamo poi le competenze specifiche di alcuni docenti che, pur insegnando altre discipline, nel tempo si sono specializzati nel campo audiovisivo. E spesso abbiamo lavorato anche con l’alternanza scuola-lavoro, in percorsi che ci portavano a partecipare a Docufest o a realizzare cortometraggi.
Negli ultimi anni, sia le associazioni che le scuole, per realizzare progetti, devono partecipare a bandi pubblici. Non dovrebbe invece esserci una forma stabile di erogazione dei fondi, che vada oltre la competenza e la fortuna di vincere un bando?
L’audiovisivo è un linguaggio e la scuola deve insegnare tutti i linguaggi attraverso cui avviene la comunicazione. Abbiamo avuto un’accelerazione nell’ultimo cinquantennio, un cambiamento rivoluzionario, i ragazzi sono passati dall’uso della carta, al computer, per approdare allo smartphone che, in pochi centimetri quadrati, condensa un mondo. Non bisogna mai avere paura dei nuovi strumenti quanto invece imparare a dominarli. Strumenti che devono rimanere dei mezzi con cui ci si può esprimere. Se, oltre che con la parola scritta, mi esprimo in altre modalità, sto comunque comunicando. Insegnare a comunicare in modo consapevole, credo sia un dovere per la scuola.
In questo progetto abbiamo dedicato molta importanza alla fase di realizzazione di un prodotto. I ragazzi sono diventati sceneggiatori, attori, tecnici del suono, costumisti, operatori. Etc… Il “fare” un prodotto, con tutte le “fatiche” annesse, può aiutare i ragazzi a leggere criticamente e ad assorbire in modo meno passivo la Mediasfera in cui sono immersi quello?
Realizzare un film, un corto, fa uscire fuori dal velleitarismo. A vedere delle immagini tutto sembra facile. “Che ci vuole a girare quella cosa? Anch’io posso fare il regista, posso fare lo sceneggiatore!”. Poi si scopre che, come in qualsiasi lavoro, c’è un mestiere che va appreso con umiltà, osservando quelli più bravi di noi, facendoci insegnare. Il set di un film può essere la nuova bottega dell’artigiano.
Uno degli imput del bando era anche quello di raccontare il territorio, in questo caso il quartiere di Montesacro. Lei ha dato il suggerimento per una chiave di lettura, quella dei “caimani del bell’orizzonte”. Un gruppo di giovanissimi resistenti, nei mesi del dominio nazifascista su Roma. È un episodio che lei già conosceva, prima di arrivare alla Presidenza dell’Orazio?
Avendo una formazione storica ed avendo studiato il periodo dell’occupazione a Roma, i ribelli di Montesacro e dell’OltreAniene, erano nel mio bagaglio. Però poi, essermi trovata nella scuola in cui molti di questi resistenti si erano formati, è stato un forte stimolo ad approfondire. Studiare il passato, è interessante se lo si può agganciare al presente. Soprattutto per i ragazzi che altrimenti vedono qualcosa perso nel tempo che non ha più una forza educativa. Questo progetto ha permesso questo continuo salto tra epoche diverse ed una sovrapposizione di idee ed ideali. I “Caimani del bell’orizzonte” continuano a vivere anche oggi. Siamo riusciti a dedicare una piazza, cambiando la toponomastica, vicino la nostra scuola, proprio a questi ragazzi, eroi della nostra città. Il 24 aprile, ci sarà una cerimonia, sarà realizzato un murales e verrà proiettato anche il nostro cortometraggio. Verrà apposta una targa, con un QR-code linkato agli audiovisivi che hanno raccontato la vicenda dei Caimani. La canzone presente nel film, verrà cantata dal coro dell’Orazio. Cerchiamo di fare comunità e fare territorio anche nel nome di questi ragazzi coraggiosi.
Parte del film è realizzato con materiali d’archivio in bianco e nero di grande fascino. Un fascino esercitato anche sui ragazzi di oggi oppure la monocromia per loro può risultare qualcosa di superato?
Il bianco e nero ha una grande suggestione, anche Paola Cortellesi, nel suo grande recente successo, ha fatto questa scelta formale. Il bianco e nero ha un’evidenza drammatica che forse non ha neanche il miglior effetto speciale. L’Istituto Luce è una banca dati così meravigliosa che spero possa essere utilizzata anche in progetti futuri. Poi questi filmati hanno anche una loro freschezza, sono incisivi, la testimonianza che certe tragedie siano avvenute realmente, contro ogni negazionismo. Nel film che abbiamo realizzato, c’è una bella commistione tra un passato documentario ed un presente di fiction che però può alludere a tante altre vicende storiche. La scena del rapimento della ragazza ribelle, mi evoca la Patota argentina, con i Falcon andavano a sequestrare i giovani che contestavano il Regime. Gli studenti, oltretutto, avevano partecipato proprio ad un focus sui desaparecidos. Anche la scena dell’interrogatorio della ragazza resistente mi ha ricordato un clima alla Roma città aperta. La scena della tortura, in quel film, non ho più avuto la forza di rivederla.
Inevitabilmente riemergono sia i vissuti storici che i vissuti cinematografici. Cosa auspica per il futuro di questi progetti sull’audiovisivo?
Sto pensando di istituzionalizzare in questa scuola questo tipo di studi sull’audiovisivo. Ispirandoci al DAMS. Vanno incentivate queste forme di espressione e di linguaggio perché hanno un forte impatto sui ragazzi, è un modo per parlare con loro. Siamo noi che dobbiamo cercare i canali giusti di comunicazione. Loro sono sempre gli stessi ragazzi anche se nel tempo cambiano e non sono mai gli stessi, nel 1943 o nel 2024. Riuscire a dare loro il messaggio che, attraverso questi strumenti tecnologici, ci possa essere arte, cultura, studio, impegno, è un modo di fare scuola importante.
Una finalità con cui abbiamo realizzato questo laboratorio, era anche quello di dare la suggestione e la voglia agli studenti di far diventare l’audiovisivo anche una professione. In una città come Roma che è anche la capitale italiana del cinema.
I ragazzi hanno mostrato impegno e serietà, uniti al divertimento, per questo lavoro così eclettico e creativo. Certo, in questi progetti bisogna sia valutare chi vi partecipa e la serietà di chi propone i progetti stessi. Per alcuni partecipanti ai laboratori sicuramente si apriranno le possibilità di studi ulteriori. E poi emergono sempre nuove professioni. Ad esempio, il music designer, una figura legata al vecchio autore di colonna sonora ma in una inedita veste. Ora per il montaggio c’è necessita di un minor numero di strumenti tecnici ma devi saperli utilizzare meglio e questo va imparato e va insegnato. Già molti nostri studenti, nonostante frequentino un liceo classico che dovrebbe indirizzarli verso altre scelte professionali, affermano di voler intraprendere professioni artistiche è creative. La vita ha bisogno del sogno. Ed il cinema è in fondo umanistico nella fase creativa e tecnico nella fase realizzativa.
Intervista realizzata da Raffaele Rivieccio (Educinema)